Ceci n'est pas un blog


Anche se ne ha tutto l'aspetto, questo non è un blog ma una raccolta di articoli di attualità musicale scritti da me tra il 1998 ed il 2000 e pubblicati su un giornalino locale.
All'articolo originale seguono le info sugli album tratte da Wikipedia.
Il blog è aggiornato all'11 settembre 2000 (giorno di consegna dell'ultimo articolo) e NON sarà mai più aggiornato.
Se ti piacciono le cose che hai letto qui, puoi trovarne delle altre sul mio nuovo blog musicale Alla ricerca del Vinile Perfetto oppure sulla pagina Facebook Vinile Istruzioni per l'Uso.

lunedì 5 luglio 1999

Emir Kusturica - Lo spirito dei Balcani



Le vicende di un paese non sono determinate soltanto dall’azione dei politici.
Accanto ad essi vi sono tutta una serie di artisti e di intellettuali che con la loro opera si oppongono o appoggiano i loro politici fornendo delle visioni della realtà dall’interno, al di là del semplice racconto dei fatti, frutto della visione di chi ha vissuto determinate esperienze.
E spesso queste persone sono determinanti soprattutto all’estero per la formazione di un opinione pubblica da parte di chi non ha provato in prima persona le vicende di quel paese.
Non è un caso, quindi, che proprio quando le vicende politiche e militari di Sarajevo sono divenute all’ordine del giorno, è tornata in auge la figura di Emir Kusturica, che tanta parte ha avuto nella propaganda della situazione di quella città.
Il regista, autore di alcuni capolavori del cinema degli ultimi anni quali Il tempo dei Gitani, Underground e, l’ultimo, Gatto nero, gatto bianco, a pochi giorni dalla fine delle ostilità nel Kosovo, giunge in Italia in una veste insolita.
Come lui stesso ha dichiarato, non è qui per girare un nuovo film, né tantomeno per fare polemiche, ma per suonare.
È patita infatti la tournée dei Non Smoking, il gruppo capitanato da Nelle Karajilic in cui milita lo stesso Kusturica.
Il tour, partito proprio da Roma il 25 giugno, girerà l’Italia per tutto il mese di Luglio per concludersi il 27 a Trieste.
L’appuntamento romano è stato doppio, poiché il giorno prima del concerto, il regista ha incontrato il pubblico in occasione dell’apertura della sua prima retrospettiva cinematografica, anch’essa itinerante, attualmente in corso al Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale.
Alla conferenza giunge con più di un ora di ritardo, “Per il traffico” dice lui, ma è di buon umore e pronto a parlare.
Si dice disperato per la situazione del suo paese, una situazione che non comprende e non approva, parla della distorsione delle informazioni date della guerra da parte della Cnn e degli altri media occidentali, del ruolo che gli è stato attribuito in patria, della spaccatura del suo popolo tra chi lo vede come un burattino di Milosevic o come uno che ha saputo commercializzare la drammaticità della situazione del suo paese - invidiosi dice lui - e chi pensa che sia l’unico regista che per la prima volta ha mostrato sugli schermi nazionali ed esteri la vera situazione della sua Jugoslavia.
Poi inizia a parlare dei rom, un argomento che gli sta molto a cuore.
La sua visita in Italia, infatti, prevede anche una visita nei campi nomadi di Roma e Torino.
“Un popolo, quello zingaro, che non ha mai fatto del male a nessuno, che non ha mai provocato una guerra ma che è costantemente vittima dei pregiudizi delle altre persone”.
Sensibile alle disastrose contraddizioni che egli riscontra nel nostro mondo contemporaneo, nel complesso Kusturica è apparso tranquillo, ma sotto la sua corteccia, che lo rende sempre pronto ad ironizzare e che non gli impedisce di trattenersi a lungo, al termine della conferenza, a firmare autografi per i suoi fans e a concedere fotografie, trapela quella vena malinconica di chi è stato costretto ad abbandonare la propria patria.

La sera successiva il concerto.

I Non Smoking sono un gruppo nato nel 1979 ad opera di Nelle Karajilic che nonostante le varie difficoltà dovute alla censura, ha ben quattro album al suo attivo.
Dal 1986 Kusturica ne è parte integrante nel ruolo di chitarrista ritmico. Dal 1994 c’è anche Stribor Kusturica, figlio di Emir alla batteria.
Nel concerto romano, tenutosi a Villa Ada nell’ambito del festival “Roma incontra il mondo”, c’erano anche l'incredibile Dejan Sparavalo al violino, Veriba Miloradovic a clarinetto e tromba, Zoran Milosevic a fisarmonica e trombone, Nenad Gajin alla chitarra, Drazen Jankivoc alle tastiere e Goran Markovski al basso.
Il gruppo si proponeva come gruppo di musica balcanica, ma l’ingegno compositivo di Karajilic (che lo stesso Kusturica nella conferenza lo ha ironicamente - ma con ammirazione - dichiarato il più grande musicista del XX secolo e il suo unico vero idolo), nonché la virtuosità tecnica degli altri componenti, li portano a fuoriuscire dal loro ambito per strizzare l’occhio al rock, al punk, al country, ai suoni latino americani, alle marce fino al minuetto di Vivaldi in versione Hard rock.
L’importanza del Rock come unica vera forma di protesta nella Jugoslavia di Tito è stata ribadita anche nella conferenza, ma qui questo si fonde magistralmente con i suoni della tradizione in un calderone sonoro che conquista il pubblico già dalla sua prima canzone.
Il repertorio eseguito era tutta opera dei Non Smoking, molto del quale attinto dalla colonna sonora del film Gatto nero, gatto bianco, da loro composta, con qualche pezzo ripreso dalla colonna sonora del precedente film Underground, opera dell’altro grande ex-collaboratore musicale di Kusturica: Goran Bregovic.
In questo delirio musicale però la presenza di Kusturica è perlopiù simbolica. Le sue qualità musicali sono di gran lunga inferiori di quelle che dimostra quando è dietro la macchina da presa, tanto che la sua chitarra era ad un volume più basso di quello degli altri strumenti.
Ma se da un punto di vista sonoro non era determinante, è stata proprio la sua presenza sul palco a rendere un ottimo concerto qualcosa di ancora più grande, richiamando quel mondo presente nei suoi film, quelle visioni scatenate dalle vicende di un paese.
Un paese in guerra.
La “Factory” musicale e cinematografica venutasi a creare attorno alla figura di Emir Kusturica è sicuramente una delle proposte di arte impegnata più intelligenti degli ultimi tempi.

lunedì 5 luglio 1999


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mercoledì 2 giugno 1999

Favola di Adamo ed Eva - L’esordio di Max Gazzè - La Recensione


Lo spazio offertomi da Alternativa mi sta dando la possibilità di rendermi conto, in maniera sempre più cosciente, di quanto sia basso il panorama discografico attuale. Così basso che, in alcuni periodi dell’anno, è davvero difficile trovare un album di cui valga la pena di parlare.
E il periodo estivo, così come già qualche tempo fa scrivevo del periodo natalizio, è sicuramente uno di questi.
Un buon 80% degli album usciti negli ultimi giorni sono delle Compilation di brani di musica Dance, che sicuramente costituiranno la colonna sonora delle affollate spiagge estive, ma il cui valore estetico è, diciamo, trascurabile. Se ad esse sommiamo un ennesimo disco dei Pooh e una dozzina di dischi di alcune band USA e getta, direi che qualsiasi interesse per l’attività musicale viene praticamente azzerato.
Un cultore della musica potrebbe anche cadere in letargo nel periodo che va da maggio a settembre senza perdersi praticamente nulla.
E’ per questo che ho deciso di parlare di un disco in circolazione da già più di un mese ma di cui non se ne è parlato abbastanza.
Mi riferisco a “Favola di Adamo ed Eva”, il disco di esordio di Max Gazzè.
Dopo averlo conosciuto l’estate scorsa, quando cantava Vento d’estate al fianco di Niccolò Fabi, e dopo averlo visto quest’anno sul palco di Sanremo (sigh!), Max Gazzè esce allo scoperto con il suo lavoro solista.
Un’opera prima che però ha poco dell’opera prima.
Generalmente il primo album di un artista o di un gruppo è il frutto della maturazione avvenuta durante anni di sperimentazione e di esperienza acquisita soprattutto sul palco, per cui spesso è caratterizzato dall’originalità del materiale sonoro accompagnata però da arrangiamenti piuttosto rozzi, propri di chi non ha mai avuto a che fare con le sale d’incisione.
Il punto di forza delle quattordici tracce di “Favola di Adamo ed Eva”, invece, è proprio l’arrangiamento, strumentalmente elaborato ed impeccabile.
Ma ciò non deve stupire. Se, infatti, Max Gazzè è, per il grosso pubblico italiano, poco più di un nome appena uscito dall’anonimato, egli può in realtà vantare una decennale esperienza all’estero, sia come strumentista di importanti nomi soprattutto jazz, che come produttore e arrangiatore di musica elettronica.
Al contrario, però, la straordinaria virtuosità sinfonica non va sempre di pari passo con il genio compositivo e con i testi, scritti tutti in coppia con il fratello Francesco. A parte qualche piccolo capolavoro quali Una musica può fare e L’amore pensato, spesso i brani sono piuttosto sterili e comunque ci danno la sensazione di un qualcosa di già sentito.
Sicuramente è presente l’influenza di un certo tipo di cantautorato italiano anni ’70, influenza che a volte viene esplicitamente a galla, come in Cara Valentina; ma ancora più forte è l’influenza di un'altra corrente musicale che sta divenendo una vera e propria malattia della musica italiana.
Quella malattia che potremmo definire “ post-battiatismo”.
Introdotta qualche anno fa dai Bluvertigo e ripresa ora dai Soerba e altri, questa tendenza, che ha assunto Franco Battiato come figura profetica da adorare, cerca di riproporne in chiave moderna il suo stile.
Per cui su delle linee melodiche semplici ma inusuali, vengono cantati testi che, scritti da menti che si ritengono superiori alla media, sono dei resoconti di episodi quotidiani infarciti di particolari superflui (/…/accendo la tv sigaretta nella gola/quando la Playstation chiede al mondo di giocare ancora/esco senza chiudere la porta di casa/piove non ho l’ombrello e ho la scarpa bucata/... Nel verde); oppure delle lunghe speculazioni piene di citazioni colte il cui senso, però è lasciato alla libera interpretazione dell’ascoltatore (/…/ il riflesso sul lago di Kaman/mosso da un gelo pittoresco e inesatto/piega gli elementi in un comune respiro e sposa le nuvole/da pezzi di sereno a grappoli uniti all’Europa centrale/dove Geografia rimprovera meridiani/calca sull’equatore quale leader incontrastato punge con il picco le aree più basse/… L’origine del mondo); o, ancora, dei veri e propri discorsi filosofici-esistenziali (pensare mi rende pazzo e l’essere pazzi/mi fa pensare, mi fa pensare che per/pensare bisogna essere pazzi. Quando/penso, sono prigioniero di me stesso/e sono costretto dal mio povero/connettere elementare, elementare il/ mio misero camminare…/…/ Casi ciclici).
Un modo di comporre testi, questo, che spesso fa trasparire una presunzione non sempre lecita. Nonostante tutto “Favola di Adamo ed Eva” resta un buon disco e Max Gazzè un personaggio di cui risentiremo parlare.

mercoledì 2 giugno 1999

 

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La scheda dell'album da Wikipedia:
La Favola di Adamo ed Eva

ArtistaMax Gazzé
Tipo albumStudio
Pubblicazione1998
Dischi1
Tracce13
GenerePop

Tracce 

  1. La favola di Adamo ed Eva
  2. Vento d'estate
  3. Raduni ovali
  4. Cara Valentina
  5. L'amore pensato
  6. Nel verde
  7. Comunque vada
  8. L'origine del mondo
  9. Come si conviene (Bom-Pa')
  10. Casi ciclici
  11. Colloquium Vitae
  12. Autoironia
  13. Due apparecchi cosmici per la trasformazione del cibo
  14. Ghost Track - Etereo

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domenica 11 aprile 1999

Blur - 13 Thirteen - La Recensione



Esce 13, il nuovo album dei Blur. Ed è di nuovo rivoluzione.
Damon Albarn e soci sono uno dei pochi gruppi abbastanza coraggiosi o creativi da mettere in gioco la loro popolarità per esprimersi secondo le proprie ispirazioni e sentimenti.
Una delle band più brillanti della loro generazione che ha trascorso i suoi primi dieci anni di attività a dimostrare a se stessa che per essere vivi artisticamente bisogna sapersi rimettere in discussione, essere disposti a reinventarsi ed avere il coraggio di proporsi al di fuori degli schemi commerciali e dalle mode.
E proprio questa loro indipendenza e intraprendenza li ha portati ad essere uno dei gruppi protagonisti di quello che è conosciuto come Britpop.
Ma ogni etichetta non si addice ai Blur i quali, pur ottenendo nel 1995 il Brit Awards grazie a singoli ai vertici delle charts e, dunque, una popolarità tale da poter continuare a restare nell'Olimpo del commercio musicale riproponendo semplicemente lo stesso sound all'infinito, hanno intrapreso un processo di rigenerazione creativa orientato verso i confini più estremi della musica.
Un'evoluzione che ha raggiunto il suo culmine proprio con 13, il nuovo album inciso e mixato in collaborazione con William Orbit, grande guru della sperimentazione contemporanea.
"Questo disco ha il sound di una band che è diventata artisticamente libera", spiega il leader Damon Albarn, "è un primo passo verso una nuova direzione".
L'album esprime una maturità tecnica e una tranquillità d'animo raggiunta grazie alla determinazione di voler esprimere ciò per cui si è portati, nella forma più libera possibile da schemi e leggi di mercato.
Lontani dalle semplici "canzoncine alla Oasis", il disco fonde rock, gospel, pop e quanto di più occidentale esista, a battiti di mani, tamburi e strutture ritmiche provenienti da altre ispirazioni culturali.
Un percorso quasi mistico, radicale, denso, che cerca un paradiso sulla terra e lo rincorre con tenacia.
Da Tender, il primo singolo, inno epico e stravolgente, capace di intrigare anche l'ascoltatore più scettico, fino all'angosciato ma speranzoso blues di No distance left to run. Dal lo-fi pop di Coffee and TV, Battle e Mellow Song, di insolita e seducente poetica, fino a Trailerpark, una canzone alternativa, vibrante e coraggiosa scritta originariamente per una serie televisiva, che non ha alcun timore di portare avanti una sperimentazione musicale fatta solo per pochi avanguardisti.
Il risultato di 13 è un mondo sonoro complesso, che vede i Blur cimentarsi in un tipo di musica che non avevano mai fatto prima e richiamare, a volte inconsciamente, altre esperienze musicali seppur lontane dal loro abituale "campo di azione".
Non pochi sono i debiti di questo album nei confronti di un certo tipo di Pink Floyd e della musica progressiva e atmosferica degli anni '70, di Nick Drake, degli Staples Singer, degli U2 di Ruttle and Hum, nonché dei Kula Shakers, di Aphex Twin e degli altri sperimentalismi elettronici di fine millennio.
I Blur, dunque, esprimono il loro nuovo modo di fare musica riprendendo e riproponendo tutto un mondo musicale del passato e del presente, ormai interiorizzato e fatto proprio.

Un po' di storia dei Blur

13 è il sesto album della band.
Damon Albarn ed il chitarrista Graham Coxon fondarono ufficialmente il gruppo nel 1989, quando la casa discografica Food Records, sicura delle loro potenzialità, offrì loro un contratto.
Dopo alcuni singoli di successo come She So High e There's No Other Way, nel 1991 arriva il loro primo album: LEISURE, un confusionario miscuglio di suoni astratti, musicalità psichedeliche e beat-pop inglese, che si posiziona al settimo posto nella classifica di vendite inglesi.
Con il secondo album MODERN LIFE IS RUBBISH, la band propone un sound rinnovato e controcorrente rispetto all'orientamento Grunge imposto al mondo dai Nirvana di Curt Cobain. Grazie a questa instancabile voglia di innovare, all'energia rivoluzionaria mai esaurita e alla continua sete di nuovi mondi sonori, i Blur sono stati definiti dalla rivista Select, il miglior gruppo inglese dopo gli Smiths.
Ma è il terzo album, PARKLIFE che consacra la band come una delle massime espressioni del pop inglese di questo decennio e gli permette di entrare a far parte dell'identità culturale nazionale. Parklife è un lavoro affascinante, capace di vendere due milioni di copie in tutto il mondo, che conferisce ad Albarn e compagni una notorietà tale da porsi come antagonisti degli Oasis dei fratelli Gallagher, a cui il sound dell'album sembra avvicinarsi.
Dopo l'episodio minore di THE GREAT ESCAPE del 1995, esce nel 1997 l'album omonimo ed è una nuova metamorfosi.
Il disco segna una nuova trasformazione della band, che stavolta sembra rivolgere l'attenzione verso il rock d'oltreoceano, grezzo, dirompente, lontano dalla semplicità del pop inglese. Nell'album è presente il brano Song 2 che ancora oggi è il loro più grande successo ed una delle canzoni più rappresentative degli anni '90.
Dopo questo ulteriore successo c'era bisogno di una pausa per capire dove fossero arrivati e, soprattutto cosa avrebbero potuto fare dopo.
Mentre conducevano questa riflessione, i singoli elementi dei Blur hanno trovato il tempo per intraprendere una serie di avventure lavorative personali e individuali.
Il bassista Alex James ha fondato un gruppo insolito chiamato Fat Les insieme all'artista Keith Allen ed al Picasso dell'arte contemporanea inglese Damien Hirst. Il batterista Dave Rowntree si è dedicato all'informatica, Graham ha fondato Transcopic, una sua etichetta discografica, e Damon si è occupato di cinema, prima come attore nel film Face di Antonia Bird, poi come autore della colonna sonora del film successivo della Bird dal titolo Ravenous, composta insieme a Michael Nyman.
Con 13 la band sembra aver ritrovato energia e creatività.
Questo album rappresenta un ulteriore balzo avanti per la musica alternativa e pone le basi per un nuovo concetto di sperimentazione, dove niente è mai dato per certo ed acquisito, ma tutto può essere continuamente 'reinventato'.

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La scheda dell'album da Wikipedia:
13 (thirteen)

ArtistaBlur
Tipo albumStudio
Pubblicazione15 marzo 1999
Durata64 min : 09 s
Dischi1
Tracce13
GenereRock
Rock sperimentale
EtichettaFood Records, EMI
ProduttoreWilliam Orbit, Blur
Registrazioneestate-autunno 1998

Tracce 

  1. Tender - 7:40
  2. Bugman - 4:47
  3. Coffee & TV - 5:58
  4. Swamp Song - 4:36
  5. 1992 - 5:29
  6. B.L.U.R.E.M.I. - 2:52
  7. Battle - 7:43
  8. Mellow Song - 3:56
  9. Trailerpark - 4:26
  10. Caramel - 7:38
  11. Trimm Trabb - 5:37
  12. No Distance Left to Run - 3:27
  13. Optigan 1 - 2:34

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lunedì 8 marzo 1999

Litfiba - Infinito - La Recensione



IL SUONO CHE (NON) CAMBIA

L'infinito.
Il nuovo album dei Litfiba.
Ed anche il loro nuovo modo di pensare.
Dopo la tetralogia che li ha accompagnati per tutto questo decennio e che li ha visti rivisitare i quattro elementi che nel medioevo si credeva costituissero l'intera realtà (fuoco-El Diablo, terra-Terremoto, aria-Spirito e acqua-Mondi sommersi), i Litfiba chiudono il millennio con un album che abbandona il concetto di spazio per concentrarsi su quello del tempo. 
Il tempo che passa inesorabilmente, che cambia e che fa cambiare.
Lontani dalle febbricitanti ribellioni giovanili, il duo Pelù-Renzulli torna, dunque, con un suono più morbido, più adatto alla situazione attuale ma che non convince come un tempo.
Duole dirlo ma sembra che ciò che già si respirava nel precedente Mondi Sommersi giunge qui al suo culmine.
Quel momento inevitabile in cui un artista perde quel qualcosa di magico che lo rende Artista con la A maiuscola e diviene soltanto un imitatore di se stesso è giunto anche per i Litfiba.
Piero Pelù si è riconciliato con il mondo.
E questa pace interiore gli ha fatto perdere quell'estro creativo che in passato aveva fatto del suo gruppo uno dei capisaldi della musica italiana.
L'arte è espressione di un conflitto interiore, è strettamente legata all'insoddisfazione che spinge a cercare sempre qualcosa di nuovo, di migliore.
Questo processo nei Litfiba sembra essere ormai svanito.
Il problema fondamentale non sta tanto nel cosa dire, quanto nel come dirlo.
Il cambiamento di cui parlavo prima offre a Pelù un'ottima materia per le sue canzoni ma egli non sa sfruttarlo e si perde in immagini stereotipate che, cantate dalla sua voce particolare, risultano persino ridicole.
Il testo di Mascherina o l'analogia tra il suo viaggio interiore e quello del treno ne Il mio corpo che cambia suonano piuttosto false all'ascolto.
Lo stesso vale anche per la parte più strettamente tecnica-musicale. Le canzoni sono costruite tutte su semplici giri di accordi in quattro quarti sui quali si muove una voce e degli arrangiamenti estremamente lineari e prevedibili, senza particolari sorprese.
Anche nei momenti più felici del lavoro (Il mio corpo che cambia, Canto di gioia o Prendi in mano i tuoi anni), non si va oltre la Hit orecchiabile di cui abusare alla radio per poi essere presto dimenticata.
La situazione è drammatica.
Anche quella che sembra essere la vera novità del disco, l'avvicinamento a sonorità elettroniche, risulta un tentativo piuttosto fallace di ammodernamento di un sound ormai datato.
I Litfiba, infatti, invece di ripensare la struttura delle canzoni in funzione di questi nuovi suoni, li usano dall'esterno, come semplice abbellimento della loro musica di sempre, per cui praticamente sono ininfluenti.
Il tutto è rifinito da una grafica che sembra un'imitazione kitsch di altre copertine simbolo della cultura giovanile e supercolorata oggi tanto in voga.
Sembra difficile pensare che quelli che una volta erano una delle poche sicurezze della musica italiana abbiano esaurito la loro vena artistica o che, peggio ancora, abbiano iniziato a sottoporre il contenuto musicale al prodotto commerciale, tuttavia se continuano su questa strada non credo che i Litfiba abbiano più molte cose da dire.
Speriamo che almeno in futuro non continuino a proporci album come questo all'INFINITO. 

lunedì 8 marzo 1999

 
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Litfiba Tornate insieme

Con questo album i Litfiba iniziano un declino che li porterà a momenti musicali francamente dimenticabili segnati da scissioni e guerre tra bande rivali (fase raccontata da Elio e le Storie Tese nella loro Litfiba tornate insieme). Fortunatamente negli anni '10 è tornata la pace ed è iniziata una rivalutazione dell'apporto che il gruppo di Piero e Ghigo ha dato alla musica italiana.
Ho avuto l'occasione di parlare di questo apporto in due articoli pubblicati nel sito Alla Ricerca del Vinile Perfetto:
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La scheda dell'album da Wikipedia:
Infinito

ArtistaLitfiba
Tipo albumStudio
Pubblicazione22 gennaio 1999
Durata38 min : 44 s
Dischi1
Tracce9
GenerePop
Pop rock
EtichettaEMI Music Italy
Sony Music (Ristampa 2010)
ProduttoreGhigo Renzulli,
Piero Pelù
Registrazionea Firenze, Italia
Note(vendite:1.000.000+)

Tracce 

Testi di Piero Pelù, musiche di Ghigo Renzulli.
  1. Il mio corpo che cambia – 4:00
  2. Mascherina – 4:09
  3. Sexy dream – 4:39
  4. Canto di gioia – 4:09
  5. Nuovi rampanti – 4:27
  6. Prendi in mano i tuoi anni – 3:55
  7. Vivere il mio tempo – 4:25
  8. Frank – 3:14
  9. Incantesimo – 5:43
Durata totale: 38:41

Formazione 

  • Piero Pelù - voce e pianoforte in "Vivere il mio tempo"
  • Ghigo Renzulli - chitarra, voce addizionale e programmazioni
  • Daniele Bagni - basso e voce addizionale
  • Roberto Terzani - tastiere e campionamenti
  • Franco Caforio - batteria

Altri musicisti 

  • Mara Redeghieri - voce in "Sexy Dream"
  • Andrea Giuffredi - tromba e flicorno in "Il mio corpo che cambia"
  • Federico Ferretti - Stile-Scratch in "Vivere il mio tempo", "Frank"
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mercoledì 3 febbraio 1999

www.UNDERWORLD.com - Beaucoup Fish - La Recensione



Grandi novità in casa degli Underworld.
Dopo aver raggiunto il successo grazie alla partecipazione alla colonna sonora del film Trainspotting con la canzone Born Slippy, divenuta un punto fermo della passata stagione radiofonica e televisiva nonché vero e proprio inno delle nuova generazione inglese, il gruppo ha appena annunciato non uno ma due lavori in uscita: il maxi-singolo Pearls Girl, contenete versioni remixate di brani incisi nel 1996 ma non inclusi nell'album precedente, ed un album nuovo di zecca, Beaucoup Fish, la cui uscita è prevista per il primo marzo 1999.
Ma non basta. La vera novità è un'altra.
Proiettati nel futuro non soltanto da un punto di vista musicale, gli Underworld scelgono Internet come mezzo privilegiato per la diffusione della loro musica, tirando in ballo quello che ormai è il problema più scottante del sistema di distribuzione musicale.
L'invenzione di un nuovo formato di compressione di file audio (l'MP3), in grado di viaggiare dieci volte più velocemente di qualsiasi altro formato oggi esistente, rischia di far collassare l'attuale sistema di distribuzione musicale, basato sul monopolio di grandi case discografiche.
E' già possibile, infatti, scaricare in pochissimo tempo le canzoni direttamente a casa nostra, canzoni che grazie ad un semplice masterizzatore possono divenire un cd home-made oppure che possono essere trasportate fuori il computer grazie a nuovi apparecchi, come ad esempio il Rio, una sorta di walkman, di prossima uscita negli Stati Uniti, che è in grado di "succhiare" i file MP3 dal computer per poi riprodurli in cuffia.
E', questo, un processo di pirateria non dissimile da quello delle audiocassette, ma più semplice e di qualità decisamente superiore, per cui destinato ad una rapidissima espansione.
Ed i numeri parlano chiaro.
Si è stimato che nel 1998 sono stati venduti nel mondo circa 110.000.000 di dischi, ovvero 18.000.000 in meno rispetto al 1997, che a sua volta aveva già perso 14.000.000 di unità rispetto all'anno precedente. E le previsioni per i prossimi anni sono ancora più nere.
Un vero disastro per case discografiche, organi di tutela del diritto d'autore e negozianti di dischi che, pur se allarmati, non hanno ancora trovato una vera soluzione a questo problema.
Ma, come spesso accade, tutti si preoccupano di tutelare i propri interessi senza curarsi di ciò che ne pensa chi è coinvolto direttamente: i musicisti.
Per cui gli Underworld, indignati da tutto questo, con un grande colpo di classe, regalano ai loro fan multimediali l'intero Pearls Girl, ascoltabile in Real Audio al sito www.broadcast.com nella sessione Juke-box, [IL SITO NON E' PIU' ATTIVO AL MOMENTO DELLA PUBBLICAZIONE DI QUESTO POST] e il singolo del nuovo album (Push Upstairs) scaricabile il primo marzo, per un solo giorno, al loro sito ufficiale www.dirty.org.

Gli Underworld, dunque rendono pubblica e gratuita la loro musica.
Una musica fatta per ballare. Ancora e ancora.
Pearls Girl si basa sullo stesso principio che in passato ha reso quello degli Underworld uno dei suoni più caratteristici della musica elettronica contemporanea.
Le raffinate atmosfere techno scaturiscono da riff elettronici semplicissimi, minimalisti, ripetuti all'infinito che accompagnano (nella canzone che da il titolo all'album e in Oich Oich) la voce monotòna di Rick Smith che racconta la vita quotidiana degli ambienti underground britannici, quelli di Trainspotting, con lunghissime litanie a tempo di cassa.
Buona la musica, ottimi gli ideali.

mercoledì 3 febbraio 1999


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La scheda dell'album da Wikipedia:
Underworld - Beaucoup Fish

Released1 March 1999
Recorded1997–1998
GenreProgressive houseprogressive tranceelectronica
Length74:21
LabelJunior Boy's Own
ProducerUnderworld

Track listing

All songs by Darren Emerson, Karl Hyde, and Rick Smith unless noted.
  1. "Cups" – 11:45
  2. "Push Upstairs" – 4:34
  3. "Jumbo" – 6:57
  4. "Shudder/King of Snake" (Underworld/Bellotte/Moroder/Summer) – 9:30
  5. "Winjer" – 4:30
  6. "Skym" – 4:07
  7. "Bruce Lee" – 4:43
  8. "Kittens" – 7:30
  9. "Push Downstairs" – 6:03
  10. "Something Like a Mama" – 6:37
  11. "Moaner" – 7:38

Limited edition bonus CD

  1. "Push Upstairs (Roger S. Narcotic Haze Dub)" – 6:37
  2. "Jumbo (Futureshock Worlds Apart Mix)" – 6:31
  3. "King of Snake (Dave Clarke Remix)" – 6:01
  4. "Bruce Lee (The Micronauts Remix)" – 8:54
  5. "Cups (Salt City Orchestra Remix)" – 9:24

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