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Anche se ne ha tutto l'aspetto, questo non è un blog ma una raccolta di articoli di attualità musicale scritti da me tra il 1998 ed il 2000 e pubblicati su un giornalino locale.
All'articolo originale seguono le info sugli album tratte da Wikipedia.
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martedì 17 ottobre 2023

David Bowie - Hours... - La Recensione



Gli ultimi album del millennio dovrebbero essere esemplari non soltanto in quanto summa di tutto quello che è stato fatto in questi ultimi anni, ma anche in quanto trampolino di lancio di quella che dovrebbe essere la musica del futuro.
Se questa affermazione fosse vera possiamo anche iniziare a temere il peggio.
Non so se sia un caso, ma nei mesi di settembre-inizi ottobre del 1999, c’è stata una concentrazione, come raramente se ne sono viste in passato, di nuovi lavori delle cosiddette “vecchie glorie”. Un’interminabile lista di nomi, alcuni dei quali avremmo voluto dimenticare, che confermano che anche nel 2000 la musica dovrà fare i conti con le esigenze commerciali..
Da Tom Waits a Iggi Pop, da Santana ai Clash (resuscitati dal nulla) agli Eurythmics e ai Pet Shop Boys, passando per Sting, Crosby, Still, Nash e Young, Ringo Starr, l’autobiografia di Boy George e gli italiani Den Harrow, Lucio Dalla e Antonello Venditti.
Entrando in un negozio di dischi sembra di tornare indietro di almeno quindici anni.
Ma il 5 di Ottobre un altro big ha deciso di regalarci un’ultima fatica prima del trapasso secolare. Ma non è un big qualsiasi. E’ il big per eccellenza, il Duca Bianco, David Bowie, naturalmente.
52 anni, più di trenta dischi all’attivo, David Bowie è stato ed è, forse, l’icona più rappresentativa della musica pop e non solo.
Un giornale specializzato inglese qualche anno fa sosteneva, con non poca ironia, che se un giorno giungesse un alieno sulla terra e volesse sapere tutto sulla musica degli ultimi trent’anni, gli basterebbe comprarsi tutti i dischi di Bowie.
Istrionico, il duca non si è mai fissato su un genere o su alcune particolari sonorità, ma si è sempre adattato; è cambiato con i tempi, è passato dal rock più aggressivo degli anni ’60, alle atmosfere cupe degli anni ’70 per poi formare i Tin Machine strizzando l’occhio alla new wave, alla dance e a tutto quello che ha fatto tendenza.
Immaginare poi come sarebbe stato il suo nuovo disco era praticamente impossibile in quanto doveva raccogliere l’eredità di un album estremo quale è stato Earthling, il suo precedente lavoro. Uscito nel 1997 in piena febbre elettronica, Bowie si era dato anima e corpo per cercare di inserirsi nel nuovo ambiente Jungle e Drum&Bass e lo ha fatto con questo lavoro che a mio avviso è uno dei migliori tra tutti quelli fatti da artisti che avevano intrapreso quella strada proveniendo da un altro ambito musicale.
Così ben riuscito da far pensare non tanto ad un tributo di Bowie alla musica elettronica ma ad una vera e propria conversione. Non sono passati neanche due anni ed ecco che torna con Hours…, il nuovo disco, in cui ci conferma quanto fare previsioni sul suo futuro sia inutile.
Un album spiazzante. Sinceramente non ho ancora capito se siamo di fronte ad un capolavoro o ad un semplice (leggi: inutile) ritorno al passato.
Ad un primo ascolto tutto sembrerebbe propendere per la seconda ipotesi. Le canzoni suonano tutte molto simili fra loro, le melodie sono tipicamente bowieane, quasi banali, gli arrangiamenti sono minimali, gli strumenti suonati nella maniera più canonica possibile, i debiti con il passato sono enormi, tanto con il suo passato, quello di Space Oddity, quanto alle magiche atmosfere retrò di Marc Bolan dei T-Rex (scomparso da qualche anno) in The Pretty things are going to hell, o ai suoni duri di New Angel of Promise, quasi punk, che fanno venire in mente i Sex Pistols.
Ma delle canzoni del genere divengono una cornice non solo azzeccata ma quasi necessaria quando ci si addentra nell’analisi dei testi. Il Bowie freddo e sicuro di se nella sua lotta “politically correct” contro tutto e tutti, lascia il posto ad un uomo giunto ormai ad un punto della vita in cui si comincia a fare i conti con il tempo passato e quello che ci resta, ad avere paura per quella che è la fine inevitabile di ogni essere umano: la morte. Tutto il lavoro non è altro che il trionfo di questi concetti, dalla copertina, in cui vediamo un Bowie come morto e soccorso da un angelo che ha il suo volto, quasi a sperare che dopo vi sia qualcosa, ai semplici titoli delle canzoni (Qualcosa nell’aria, Sopravvivo, Se sognassi la mia vita, Cosa sta accadendo?, Le cose più belle stanno andando all’inferno, Nuovi angeli della speranza e I Sognatori) fino, naturalmente, alle liriche. Si può pescare a caso per avere una conferma di quello che sto dicendo. In Thursday’s Child dice: "Per tutta la vita ho cercato con grande fatica di dare il meglio di me, ma non è successo nulla di bello lo stesso". In Seven: "gli dei hanno dimenticato di avermi creato così anch'io ho dimenticato loro".
In un atmosfera del genere, gli arrangiamenti semplici di cui parlavamo prima sono gli ideali per dare più risalto al testo; allo stesso tempo tornare alla musica di venti anni fa in perfetto stile Bowie diviene quasi un tentativo di esorcizzare il tempo che passa.
Un Bowie che per la prima volta parla al cuore, un Bowie che per la prima volta da più importanza ai testi che alla musica vera e propria, un Bowie come non lo avremmo mai immaginato.
Ma che non convince del tutto.

mercoledì 13 ottobre 1999


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La scheda dell'album da Wikipedia:
David Bowie - Hours...

Released4 October 1999
RecordedSeaview, Bermuda
GenreAlternative rock, art rock,experimental rock[1]
Length47:06
LabelVirgin – V 2900
ProducerDavid Bowie and Reeves Gabrels

Track listing

All songs written and composed by David Bowie and Reeves Gabrels, except "What's Really Happening?" lyrics by Alex Grant. 
No.TitleLength
1."Thursday's Child"  5:24
2."Something in the Air"  5:46
3."Survive"  4:11
4."If I'm Dreaming My Life"  7:04
5."Seven"  4:04
6."What's Really Happening?"  4:10
7."The Pretty Things Are Going to Hell"  4:40
8."New Angels of Promise"  4:35
9."Brilliant Adventure"  1:54
10."The Dreamers"  

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